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Burton, la nuova serie a fumetti tra atmosfere cyberpunk e fantascientifiche: ce la raccontano Lucio Perrimezzi e Massimiliano Veltri

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Author image Dario Vanacore

25 novembre 2025 alle ore 19:16, agg. alle 19:32

Un esordio adeguatamente scoppiettante quella della prima serie targata Green Moon Comics, condita da interessanti suggestioni

Quello che sta attraversando il medium fumetto è sicuramente un periodo molto particolare. Da un lato abbiamo un continuo fermento creativo, figlio anche dell’avvento di una nuova generazione di autori e artisti che si esprimono in maniera personalissima nell’interpretazione delle proprie storie. Complice anche la continua evoluzione del fumetto stesso, rispetto al passato. Dall’altro c’è la necessità, per le case editrici, di andarci con i piedi di piombo quando si tratta di osare: i costi importanti e la necessità di portare a casa il risultato può spingere a bocciature di progetti ritenuti forse troppo audaci.

Non è sicuramente il caso di Green Moon Comics, giovanissima casa editrice nata grazie a Marco Grandinetti e Lucio Perrimezzi che ha mosso i suoi primi passi nel 2020.E che, in cinque anni, ha portato al cospetto degli appassionati storie come le recenti “Blood and Mud” , “Parsifal” e “Marcel”. Questo prima della novità approdata nelle ultime sugli scaffali e che risponde al nome di “Burton”. Una produzione seriale, la prima per Green Moon Comics, che ha portato a un cambio sostanziale di registro narrativo e artistico, e che ci raccontano Lucio Perrimezzi e Massimiliano Veltri, che a questo progetto ci hanno lavorato.


ALLA SCOPERTA DI BURTON

Ciao Lucio, ciao Massimiliano. Allora, partirei dalle basi e vi lascio la parola per le presentazioni: cosa troviamo in Burton?

LP: “Ciao! Beh, direi che Burton si stanzia su atmosfere cyberpunk/sci-fi che vanno a braccetto con il dark fantasy e l’esoterismo – tutta la miniserie è un alternarsi di questi due generi e delle relative atmosfere. Più in generale potremmo quasi dire, con tutte le approssimazioni del caso, che si tratti di un 'Nathan Never meets Hellblazer'!”

MV: “Troviamo un universo che oscilla tra l’esoterico e l’horror, in cui prende forma un racconto d’azione fatto però di assenze, memorie e colpa. L’ambientazione è quella di una metropoli dal respiro futuristico, intrisa però di richiami all’estetica retrowave. La narrazione segue un doppio binario: da un lato quello di un uomo costretto a vivere in una realtà che non gli appartiene, dall’altro la sua discesa in una coscienza frammentata e letteralmente “invasa”. In ambo i casi il protagonista, Burton, è chiamato ad affrontare i propri demoni e fra questi il più temibile, sé stesso. È però anche una storia d’amore disturbata e malinconica, che si muove sul confine tra redenzione e ossessione.”


Com'è nata - e si è poi evoluta - l'idea di questa storia?

LP: “L’idea – grezza, embrionale e del tutto lontana da quello che poi è diventato – era stata affrontata in primis in un progetto fatto moltissimi anni proprio (guarda caso) assieme a Massimiliano Veltri ma che alla fine non vide mai la luce. È stata poi nel limbo per molto tempo, finché io e Tommaso Destefanis (co-autore del progetto e che si è unito a Green Moon Comics praticamente dall’inizio) non abbiamo cominciato a ragionare sulla prima miniserie della casa editrice. Da lì l’idea è stata letteralmente rivoltata come un guanto, aggiunti elementi, approfondito su alcuni aspetti, ecc…”


Quanto lavoro è stato necessario per costruire l'ecosistema narrativo di Burton? Sia sotto il profilo della storia che da quello della "infrastruttura visiva", con le indicazioni da dare a chi si è occupato dei disegni. E poi, come si condensa tutto all'interno di una copertina che sia adeguatamente accattivante?

LP: “Il lavoro di world building che è stato posto in essere credo sia davvero intenso. Non volevamo che la “realtà” in cui si muove Burton e i vari comprimari fosse solo un mero “ambiente fantascientifico” classicamente inteso – ci interessava che emergessero tutti gli aspetti ambientali che avevamo in mente, e quindi la connotazione nostalgica degli ambienti, un po’ retrowave, il contrasto tra la modernità del centro di New Archetype (ovvero la città in cui si svolge l’azione) e i borghi periferici, specificare cosa usassero gli abitanti della città per comunicare, quali fossero i media che andassero per la maggiore, e così via. Allo stesso modo, anche per il Motel (ovvero il luogo “interiore” in cui albergano i demoni dentro di Burton) siamo stati il più possibile attenti: pensavamo a un Motel come quelli che si vedono nei film americani anni ‘70 – un ambiente dozzinale, po’ in stato di abbandono, con la piscina sì, ma anch’essa abbastanza sporca… Insomma, avevamo le idee molto chiare su cosa dovesse essere raccontato e come.”

MV: “Con la copertina del numero 1 di Burton non si trattava soltanto di definire personaggi o ambientazioni, ma di dare coerenza a un mondo fatto di stratificazioni visive, simboliche ed emotive. Il punto, per me, è sempre trovare un equilibrio e, nel caso di una copertina, questo significa riuscire a fotografare quell’equilibrio in un singolo istante, capace di evocare un intero universo narrativo. Ogni elemento doveva raccontare quindi qualcosa di quella realtà futura e nostalgica, senza però svelarla del tutto. L’immagine doveva aprire una fessura, una crepa, e lasciare intravedere il buio che si nasconde dietro, rischiarato solo da una luce al neon. Infine, mi interessava rendere visibile la tensione interiore del protagonista, il suo essere allo stesso tempo osservatore e prigioniero: del mondo che lo circonda, ma anche di quello che porta dentro di sé.”

BURTON, TRA ISPIRAZIONI E PROSPETTIVE FUTURE

C'è stata qualche ispirazione particolare che vi ha guidato?

LP: “Quando ero giovane e mi mettevo davanti alla tastiere mi dicevo “Voglio essere Alan Moore!” e partivo a pigiare i tasti… Adesso, con il sopraggiungere dell’anzianità, non credo di avere più un tipo di stile a cui debba cercare di aspirare. Faccio le mie cose e le faccio al meglio delle mie possibilità, il resto è conseguenza. In Burton volevo che – di base - si respirasse un’aria sci-fi, ma come dicevo prima il più possibile personale e particolare. Anche come stile dei disegnatori abbiamo cercato di affiancare autori dallo stile abbastanza diverso tra loro, per evitare appiattimento grafico e cercare sempre di far prevalere l’eterogeneità anche sotto questo aspetto... Speriamo davvero di esserci riusciti.”

MV: “Più che parlare di riferimenti diretti, parlerei di contaminazione di suggestioni. Da un lato c’è l’immaginario cinematografico noir e sci-fi con quell’idea di città viste come organismi vivi, a volte oppressivi, a volte poetici. Dall’altro, una certa estetica occulta e iconografica che richiama il simbolismo classico. Le luci al neon, l’architettura urbana e il contrasto tra moltitudini e solitudine nascono dalla mia fascinazione per il cyberpunk e il retrowave e poi c’è la musica, che per me è uno strumento fondamentale per centrare il mood delle immagini. Per Burton ho fatto incetta di elettropop.”


Si tratta di un progetto corale che chiamerà in causa tanti professionisti nel corso del tempo. Questo è solo il primo numero della serie: cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi? E quali sono le maggiori sfide che vi tocca affrontare nel lavorare a questa storia?

LP: “Nel primo numero ho avuto l’ingrato compito di presentare la serie, le sue caratteristiche e il mood di tutta la storia. È come un biglietto da visita, al di là della storia in sé il mio desiderio (e la mia preoccupazione!) è che si capisse, per l’appunto, non solo il cosa della miniserie ma anche il come, del tipo “Ok ragazzi, questo è Burton e noi la raccontiamo così”. Dato fuoco alle polveri, dal prossimo numero la trama comincia a svilupparsi e partirà una narrazione che andrà (anche) a fare luce sul passato di Burton, oltre a dare ulteriori informazioni sul Motel e le sue caratteristiche… Per quanto riguarda le sfide da affrontare su un progetto con queste caratteristiche, posso dire sicuramente la difficoltà nel doverci coordinare noi 3 sceneggiatori con i disegnatori, supervisionare il tutto al fine di evitare errori e/o incongruenze e, soprattutto, rispettare le scadenze per poter permettere a ogni numero di uscire nel termine preventivato. Ci stiamo “caricando” tutti con il beverone energetico per cavalli per far sì che tutto funzioni.”


Per Green Moon Comics si tratta della prima pubblicazione seriale, che arriva a distanza di poco tempo dalla fondazione della stessa casa editrice. Una sfida non da poco che richiede sforzi progettuali importanti, ma che immagino dia anche una bella soddisfazione...

LP: “Sulle difficoltà rimando alla risposta precedente e, ovviamente, quando vediamo che le cose funzionano un brividino di gioia sulla schiena sicuramente arriva – anche perché ovviamente non abbiamo alle spalle una struttura articolata, essendo noi tecnicamente una nuova realtà e, come hai detto tu, alle prese con la nostra prima miniserie. Diciamo che abbiamo deciso di iniziare la cosa con lo stesso mood con cui abbiamo iniziato l’avventura della casa editrice: un briciolo di incoscienza e un’attitudine punk rock, a cui abbiamo però sin dall’inizio affiancato “cazzimma” e una concreta programmazione.”


Restando sul fronte di Green Moon Comics, ci sono altre storie pronte a vedere la luce nei prossimi mesi e a cui si può già fare un accenno?

LP: “Inutile dire che Burton l’anno prossimo sarà il perno su cui ruoteranno le pubblicazioni Green Moon Comics, in quanto i 4 numeri che concludono la miniserie si dipaneranno entro tutto il 2026. A parte questo, abbiamo un paio di assi nella manica niente male, su cui al momento non voglio svelar nulla… e, last but not least, uscirà il nuovo volume del mio socio e CEO della casa editrice Marco Grandinetti, reduce dal nostro best seller Marcel, questa volta coadiuvato da un nuovo team artistico da far sgranare le orbite! Insomma, non solo Burton: il 2026 si appresta a essere un anno esplosivo per Green Moon Comics. Seguirci è davvero obbligatorio!”

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